di Gabriele Vedova
Vorrei affidare a queste poche righe alcuni pensieri che spero possano chiarire la scelta di dimettermi da segretario cittadino e lasciare Rifondazione comunista. Ho militato nel PRC per circa dieci anni e credo che qualsiasi sentimento che non sia di stima e di affetto, nei confronti dei compagni che ho conosciuto e che mi hanno visto crescere, sarebbe quantomeno ingeneroso. Lascio un partito “irriconoscibile”, come lo ha recentemente definito Bertinotti, un partito ossessionato dall'ansia di auto-certificare quotidianamente la propria “identità” comunista, un partito confuso, stretto fra estremismi e settarismi velleitari, per il quale la prospettiva di poter un giorno ritornare a governare è un incubo da allontanare in fretta, un partito che guarda dubbioso e con mille distinguo all'elezione, rivoluzionaria in sé, di Obama, ma che profonde passione e mostra sicurezza se si torna a discutere dell'utilità della caduta del muro di Berlino. La politica, e con essa la sinistra, attraversa una crisi difficile, importante. Credo sia il momento di rimettersi in discussione, abbandonare “le segrete stanze”, i ruoli svuotati di senso, le discussioni fra addetti ai lavori e i tanti singoli orticelli ormai desertificati per provare a navigare in mare aperto. Con coraggio. Aderisco al progetto-percorso inaugurato da Vendola ma non lo vivo come una scissione, solo come un nuovo, entusiasmante e arduo partire. Non esco da Rifondazione per fondare l'ennesimo micro partito. Non avrebbe alcun senso. Ho voglia di dedicare le mie energie alla costruzione, paziente, di quella nuova sinistra di cui per tanto tempo abbiamo parlato e congetturato; ho voglia di continuare, con maggiore impegno, a dedicarmi al territorio in cui vivo, e ai mille problemi da cui continua ad essere attanagliato. Abbiamo bisogno, per ripartire, di convinzione, entusiasmo, voglia di ascoltare e di ritrovare luoghi di discussione diversi, "altri". In questo senso lascio Rifondazione: non per tornare a badare alle mie faccende personali, ma per dedicarmi, con maggiore impegno e senza rendite di posizione, alla costruzione di una Sinistra (senza aggettivi) diversa da quella che abbiamo conosciuto, non velleitariamente estremista ma concreta, moderna e consistente, aperta e credibile.
Vorrei affidare a queste poche righe alcuni pensieri che spero possano chiarire la scelta di dimettermi da segretario cittadino e lasciare Rifondazione comunista. Ho militato nel PRC per circa dieci anni e credo che qualsiasi sentimento che non sia di stima e di affetto, nei confronti dei compagni che ho conosciuto e che mi hanno visto crescere, sarebbe quantomeno ingeneroso. Lascio un partito “irriconoscibile”, come lo ha recentemente definito Bertinotti, un partito ossessionato dall'ansia di auto-certificare quotidianamente la propria “identità” comunista, un partito confuso, stretto fra estremismi e settarismi velleitari, per il quale la prospettiva di poter un giorno ritornare a governare è un incubo da allontanare in fretta, un partito che guarda dubbioso e con mille distinguo all'elezione, rivoluzionaria in sé, di Obama, ma che profonde passione e mostra sicurezza se si torna a discutere dell'utilità della caduta del muro di Berlino. La politica, e con essa la sinistra, attraversa una crisi difficile, importante. Credo sia il momento di rimettersi in discussione, abbandonare “le segrete stanze”, i ruoli svuotati di senso, le discussioni fra addetti ai lavori e i tanti singoli orticelli ormai desertificati per provare a navigare in mare aperto. Con coraggio. Aderisco al progetto-percorso inaugurato da Vendola ma non lo vivo come una scissione, solo come un nuovo, entusiasmante e arduo partire. Non esco da Rifondazione per fondare l'ennesimo micro partito. Non avrebbe alcun senso. Ho voglia di dedicare le mie energie alla costruzione, paziente, di quella nuova sinistra di cui per tanto tempo abbiamo parlato e congetturato; ho voglia di continuare, con maggiore impegno, a dedicarmi al territorio in cui vivo, e ai mille problemi da cui continua ad essere attanagliato. Abbiamo bisogno, per ripartire, di convinzione, entusiasmo, voglia di ascoltare e di ritrovare luoghi di discussione diversi, "altri". In questo senso lascio Rifondazione: non per tornare a badare alle mie faccende personali, ma per dedicarmi, con maggiore impegno e senza rendite di posizione, alla costruzione di una Sinistra (senza aggettivi) diversa da quella che abbiamo conosciuto, non velleitariamente estremista ma concreta, moderna e consistente, aperta e credibile.
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