Nichi Vendola lascia Rifondazione Comunista e lancia la Costituente della Sinistra
di Giovanna di Monte
In un quadro di desolante frustrazione collettiva che si alimenta di una crisi economica e sociale senza precedenti, in una dimensione in cui sussistono condizioni favorevoli all’abbrutimento sociale, in un Paese in cui la politica, strettamente ancorata ai due paradigmi per eccellenza, demagogia e ideologia, non rappresenta più il riferimento, ma la perdita totale di equilibrio, ecco un riverbero, uno spiraglio, una possibilità, un “Movimento per la sinistra” che segna una svolta epocale nella storia della politica italiana Il 24 e il 25 gennaio scorso, a Chianciano, il gruppo di Rifondazione per la sinistra, l’area del PRC che fa capo a Vendola, dà l’addio a Rifondazione Comunista e avvia il processo costituente della Sinistra. Si tratta di un progetto di ampio respiro che mira alla costituzione di un soggetto unico la cui base portante è l’idea di una sinistra unita e plurale che si spinga oltre schemi ideologici precostituiti. In sintesi una parte consistente del PRC, ha deciso di uscirne, di mettersi in discussione e di ricominciare, ma non per fondare un nuovo partito come ha spiegato lo stesso leader del movimento, Vendola, nella relazione conclusiva della due giorni di Chianciano: “Abbiamo aperto la porta della nostra casa, e qui, a Chianciano, abbiamo
deciso di uscire fuori, di cominciare non un partito, di cominciare un partire”. L’intenzione, dunque, è quella di avviare un processo che nel tempo, porterà alla costituente di un nuovo soggetto di sinistra di cui la sigla MPS (provvisoria) e le prossime elezioni europee non sono che una tappa. In questo percorso sembra profilarsi una nuova idea di politica in cui “i dubbi e le inquietudini non saranno mai messi al bando”, in cui “la radicalità è andare alla radice delle cose, non sublimare la realtà dentro una retorica del comunismo come avvento, del comunismo come identità, autoreferenziale, ossessionata dalle proprie storie e dal bisogno di esistere”, in cui il lavoro rappresenta l’indice del reale funzionamento dell’organizzazione sociale e non una sorta di elemosina sociale, “quel lavoro che fonda il carattere democratico della repubblica, il lavoro che non è merce povera e sporca, che non è grezza dimensione biologica, ma il lavoro che è racconto sociale. E dentro al lavoro, la lotta per la libertà”. Una politica come lotta contro le solitudini frutto della “società della paura”: “la solitudine del sud che si è rassegnata al suo silenzio”, la solitudine degli operai, dei diversamente abili, la solitudine degl'immigrati che sono poveri ma di una povertà stravolta nel senso perché “siamo assuefatti alla costruzione di un’immagine deviante di tutto ciò che è povertà: la povertà minaccia questo mondo, la povertà è una colpa, la povertà è un reato”. A fronte di questa condizione di profonda solitudine sociale la sinistra ha intenzione di attuare una sorta di azione terapeutica collettiva contro la paura, contro il disagio, gettando le basi di una rinascita sociale, di una rinascita dell’uomo, a partire da una parola: amore. “C’era nei Minima moralia un aforisma di Adorno secondo cui è questione politica persino la parola amore. Dice così: «amore significa scorgere il simile nel dissimile», ed è un bel terreno di ricerca […]. Noi vogliamo costruire l’uguaglianza delle diversità”. Finalmente le teorizzazioni un pò astratte su quell’ideale “svolta a sinistra” evolvono in azioni sostanziali la cui massima aspirazione è la messa in atto di un pensiero etico: quello “di fare la sinistra che parla di un popolo, che parla a un popolo, che dà speranza, che organizza le lotte, che accumula forze, che ha significato, che segna la storia del Paese”, ma soprattutto quello di “fare politica perché si vuol bene alla gente”. E’ una sfida ardua, ma: “Amo, sogno e non ho paura !”
di Giovanna di Monte
In un quadro di desolante frustrazione collettiva che si alimenta di una crisi economica e sociale senza precedenti, in una dimensione in cui sussistono condizioni favorevoli all’abbrutimento sociale, in un Paese in cui la politica, strettamente ancorata ai due paradigmi per eccellenza, demagogia e ideologia, non rappresenta più il riferimento, ma la perdita totale di equilibrio, ecco un riverbero, uno spiraglio, una possibilità, un “Movimento per la sinistra” che segna una svolta epocale nella storia della politica italiana Il 24 e il 25 gennaio scorso, a Chianciano, il gruppo di Rifondazione per la sinistra, l’area del PRC che fa capo a Vendola, dà l’addio a Rifondazione Comunista e avvia il processo costituente della Sinistra. Si tratta di un progetto di ampio respiro che mira alla costituzione di un soggetto unico la cui base portante è l’idea di una sinistra unita e plurale che si spinga oltre schemi ideologici precostituiti. In sintesi una parte consistente del PRC, ha deciso di uscirne, di mettersi in discussione e di ricominciare, ma non per fondare un nuovo partito come ha spiegato lo stesso leader del movimento, Vendola, nella relazione conclusiva della due giorni di Chianciano: “Abbiamo aperto la porta della nostra casa, e qui, a Chianciano, abbiamo
deciso di uscire fuori, di cominciare non un partito, di cominciare un partire”. L’intenzione, dunque, è quella di avviare un processo che nel tempo, porterà alla costituente di un nuovo soggetto di sinistra di cui la sigla MPS (provvisoria) e le prossime elezioni europee non sono che una tappa. In questo percorso sembra profilarsi una nuova idea di politica in cui “i dubbi e le inquietudini non saranno mai messi al bando”, in cui “la radicalità è andare alla radice delle cose, non sublimare la realtà dentro una retorica del comunismo come avvento, del comunismo come identità, autoreferenziale, ossessionata dalle proprie storie e dal bisogno di esistere”, in cui il lavoro rappresenta l’indice del reale funzionamento dell’organizzazione sociale e non una sorta di elemosina sociale, “quel lavoro che fonda il carattere democratico della repubblica, il lavoro che non è merce povera e sporca, che non è grezza dimensione biologica, ma il lavoro che è racconto sociale. E dentro al lavoro, la lotta per la libertà”. Una politica come lotta contro le solitudini frutto della “società della paura”: “la solitudine del sud che si è rassegnata al suo silenzio”, la solitudine degli operai, dei diversamente abili, la solitudine degl'immigrati che sono poveri ma di una povertà stravolta nel senso perché “siamo assuefatti alla costruzione di un’immagine deviante di tutto ciò che è povertà: la povertà minaccia questo mondo, la povertà è una colpa, la povertà è un reato”. A fronte di questa condizione di profonda solitudine sociale la sinistra ha intenzione di attuare una sorta di azione terapeutica collettiva contro la paura, contro il disagio, gettando le basi di una rinascita sociale, di una rinascita dell’uomo, a partire da una parola: amore. “C’era nei Minima moralia un aforisma di Adorno secondo cui è questione politica persino la parola amore. Dice così: «amore significa scorgere il simile nel dissimile», ed è un bel terreno di ricerca […]. Noi vogliamo costruire l’uguaglianza delle diversità”. Finalmente le teorizzazioni un pò astratte su quell’ideale “svolta a sinistra” evolvono in azioni sostanziali la cui massima aspirazione è la messa in atto di un pensiero etico: quello “di fare la sinistra che parla di un popolo, che parla a un popolo, che dà speranza, che organizza le lotte, che accumula forze, che ha significato, che segna la storia del Paese”, ma soprattutto quello di “fare politica perché si vuol bene alla gente”. E’ una sfida ardua, ma: “Amo, sogno e non ho paura !”
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