26 apr 2010

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Il problema delle scorie nucleari

Pubblichiamo la relazione del Presidente WWF Campania, Alessandro Gatto, tenuta il 26 aprile 2010 al convegno per ricordare il Chernobyl day. Il convegno si è tenuto nell'aula magna dell'Università "Orientale" di Napoli.

..... Prima di parlare di nuovo nucleare in Italia, sarebbe più serio risolvere, una volte per tutte, il problema legato allo “stoccaggio definitivo” e relativa messa in sicurezza delle scorie nucleari che l’Italia ha prodotto durante l’esercizio delle 4 centrali di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Borgo Sabotino (Latina) e Garigliano (Caserta), i 5 impianti del ciclo del combustibile e che si continuano a produrre attraverso le attività di ricerca scientifica e attraverso le attività diagnostiche medico-sanitarie che richiedono l’impiego di radionuclidi e/o che producono materiale “attivato” (si stima che solo dal comparto medico-sanitario si producono circa 500 tonnellate all’anno di rifiuti radioattivi).
Quindi la logica ed il buon senso imporrebbero prioritariamente la risoluzione del problema dello “stoccaggio definitivo” di tutti questi prodotti di scarto (rifiuti), che in base alla concentrazione dei radionuclidi presenti ed alle caratteristiche nucleari vengono classificati come rifiuti di prima, seconda e terza categoria, dove la pericolosità cresce con il progredire della categoria. Stiamo parlando di tutti i rifiuti prodotti nel passato e di tutti quelli che si intende, eventualmente, produrre in futuro. Inoltre, si deve calcolare, nella sommatoria totale dei rifiuti radioattivi, anche tutte le componenti “attivate” delle vecchie centrali da smantellare (pareti metalliche, cemento, polimeri di varia natura e così via).
Attualmente, in Italia, i rifiuti radioattivi sono riposti temporaneamente all’interno di contenitori metallici di forma cilindrica denominati “CASKS” (utilizzati, di solito, per il trasporto) ma il processo di isolamento delle scorie più pericolose è abbastanza più complesso e prevede innanzitutto una fase di vetrificazione, poi l’inglobamento di ciò che si è ottenuto in un
contenitore di acciaio, denominato “CANISTER”, successivamente si procede ad avvolgere il CANISTER con diversi strati di materiali isolanti, che dovrebbero costituire una barriera contro le infiltrazioni di acqua del sottosuolo. Infine i rifiuti, così protetti, devono essere posti nel sottosuolo a profondità variabili ma comunque in un sito geologico definito idoneo, per assenza di rischio sismico, vulcanico, idrogeologico e di altro/i rischio/i prevedibile/i.
Il primo grosso problema nasce dal fatto che non si conoscono la durata in sicurezza di tutti questi sistemi protettivi e di tutti i materiali impiegati, considerato l’elevatissimo periodo di tempo di permanenza previsto per le scorie: decine se non centinaia di migliaia di anni. In effetti i radionuclidi perdono la metà del loro potere radioattivo (tempo di dimezzamento) in tempi che vanno da pochi giorni a centinaia di migliaia di anni a seconda del radioisotopo considerato.
Anche per questo motivo risulta complicata l’individuazione del sito nazionale per il deposito definitivo di tutti i rifiuti radioattivi prodotti e/o da produrre in Italia.
Negli Stati Uniti d’America si è individuato il sito nelle profondità della YUCCA MONTAIN, nel deserto del Nevada a circa 150 chilometri da Las Vegas. Il sito è stato scelto per il suo contesto geologico-ambientale stabile (sotto il profilo sismico, vulcanico ed idrogeologico), anche se permangono ancora diverse perplessità delle popolazioni locali e dello Stato del Nevada.
In Giappone si ricercano siti per il deposito delle scorie al di sotto dei 1000 metri di profondità e fuori dal raggio di interferenza di fluidi del sottosuolo. Nell’Europa continentale si ricercano formazioni rocciose granitiche o miniere di salgemma in aree non toccate da rischi sismici e vulcanici. In tutti questi casi sopraelencati le soluzioni non sono mai davvero definitive, tantomeno in Italia, vista la scarsità di siti stabili sotto il profilo sismico, vulcanico, idrogeologico ed, aggiungerei, di pregio naturalistico ed ambientale. Ma “parcheggiare” i rifiuti radioattivi non basta: bisogna trattare e stabilizzare il terreno e le acque che hanno subito contaminazioni, smantellare i reattori nucleari vecchi e così via.
Sicuramente non deve essere più consentita la pratica dell’affondare navi con carichi di veleni radioattivi, anche se di bassa e media attività, così come è avvenuto anche nel recente passato ed anche nel Mediterraneo. Ed è davvero inaccettabile la sottovalutazione del problema del traffico di rifiuti radioattivi gestiti da organizzazioni criminali e/o terroristiche.
In definitiva possiamo dire che il problema della messa in sicurezza di tutti i tipi di rifiuti radioattivi rappresenta una delle maggiori preoccupazioni (di tutto il mondo scientifico) ed uno dei punti non risolti dell’AFFARE NUCLEARE che fa esprimere un netto dissenso, da parte del WWF, circa la volontà dell’attuale Governo di voler riaprire nuove centrali nucleari sul territorio italiano.
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