di Nichi Vendola
Nichi Vendola commenta il risultato elettorale di SL, del tutto positivo, nonostante il mancato quorum, per un progetto politico nato da soli due mesi e vittima dell’oscuramento mediatico. E’ solo l’inizio: sono stati messi i primi mattoni del cantiere. Ora andiamo avanti. Poche settimane e anche un muro di gomma difficilmente penetrabile da parte dei mass media, un vero e proprio oscuramento. Il 3%, per una forza conosciuta si e no dal 40% del corpo elettorale, mi pare un risultato che ci incoraggia. Per noi di Sinistra e Libertà, un percorso rapidissimo, un neonato nella scena politica italiana, una creatura appena sorta. Abbiamo messo i primi mattoni di un cantiere. Ora l’intenzione è assolutamente quella di continuare a lavorare nel cantiere. Perché l’esigenza che noi abbiamo posto mettendo insieme sinistra è libertà, un luogo in cui i comunisti non nostalgici, i socialisti, i riformisti, i verdi, che devo dire in Europa hanno avuto una affermazione confortante, le culture critiche, il pacifismo, il femminismo insieme possono costruire quel soggetto politico del cambiamento adeguato ai tempi moderni, adeguato a interpretare un’epoca così difficile.
Più in generale possiamo dire che salta lo schema del bipolarismo. I due grandi partiti che tendono, nel centrodestra e nel centrosinistra, a assorbire e riassumere l’intera scena politica nazionale, non ce la fanno. Si aprono contraddizioni vistose e questo credo sia un dato su cui riflettere. C’è un vento di destra in tutta Europa, in certi casi c’è il protagonismo inquietante di forze neofascista, forze di estrema destra. Questo vento di destra invece, qui, nell’italia berlusconiana, in qualche maniera, si avvita, inciampa. Siamo di fronte alla prima crepa del berlusconismo, del partito che pensava di guadagnare risultati stratosferici. Non ci sono stati fuochi d’artificio, anzi c’è quella che sembra l’inizio di una possibilità di declino. Allora le forze di opposizione devono ragionare su questo, le forze di sinistra devono poter inziare un percorso per destrutturare il blocco sociale del berlusconismo, svelare la sua ideologia, incalzarlo sui temi oggi incandescenti, a partire dalla crisi economica e sociale. In fondo Berlusconi ha tentato un’operazione persino disperata, nascondere la crisi, negarla, dire che la crisi era solamente proiezione propagandistica delle sinistre.
Ma la crisi c’era. I carboni ardenti sotto la cenere ci sono in porzioni rilevanti del nostro paese. C’è un dolore esplosivo che viene occultato. Allora si tratta di capire se l’opposizione saprà interloquire con questa parte dell’Italia, saprà accendere un riflettore su questa porzione d’Italia, sarà in grado di contendere al berlusconismo il racconto della vita vera , quotidiana, della fatica di vivere. Se ci si chiuderà dentro il palazzo, immaginando un giorno un’opposizione urlata e un altro giorno un’opposizione solo emendativa, difficilmente si riuscirà nel cuore della società italiana a rappresentare una credibile alternativa alla destra. Chi ha scelto la divisione, chi ha scelto la trincea ideologica invece di partecipare a un cantiere più largo e unitario abbia una responsabilità. Molti hanno combattuto per una prospettiva differente, molti, tra questi io, hanno considerato talmente aspra la sconfitta della sinistra nel 2008 che c’era bisogno davvero di un riposizionamento strategico. La necessità era quella di uscire dalla contesa tra le tante anime, le tante differenze, la tante culture politiche, che hanno attraversato il 900. Quelle contese, quei rendiconti aspri, quelle fibrillazioni e talvolta persini quegli odi, fuori dal 900, quando è cambiato completamente lo scenario mondiale, non hanno significato. Io penso che invece si possa recuperare da ciascuna delle culture politiche della sinistra, materiali utili per rimettere insieme un luogo affascinante, un luogo popolare, che della politica sappia fare uno strumento che incide nella vita, un luogo utile alle coscienze. Questo bisognerebbe fare. In Europa, oltre che in Italia. La crisi sociale, se non incontra un forte luogo sociale di sinistra, rischia di produrre effetti drammatici. Le voci dell’intolleranza, dellla xenofobia e del razzismo, i partiti neofascisti e neonazisti che tornano al alzare la testa, sono il sintomo più inquietante di una profonda crisi della civiltà europea e del suo progetto di allargamento e di integrazione. E allora bisogna intendere che qui va giocata la partita. A questa altezza deve porsi la sinistra. Non mantenendo piccole eredità ideologiche, ma sfidando questo continente e il tempo nostro. Lì la sinistra gioca il senso della propria missione.
Il dialogo bisogna tenerlo aperto con tutti coloro che pensano che oggi bisogna rimettere insieme la centralità dei diritti sociali che stanno subendo l’attacco della destra, la centralità dei diritti civili che non riescono a fare un passo in avanti e vivono una specie di stallo a causa della caduta libera del sentimento della laicità dello stato e persino la centralità dei diritti umani che hanno vissuto una stagione importante nel nostro paese e in tutta Europa. Allora diritti sociali, diritti civili e diritti umani sono il discorso fondativo di questa nuova sinistra in Italia. Una sinistra curiosa, ariosa, non settaria, non dogmatica. Non ci sono pregiudiziali nei confronti di nessuno. Non c’è nessuno che può interdire a qualcun altro di portare il proprio contributo a questa impresa. Ma questa è l’impresa, non un’altra. Non siamo dentro al restauro delle glorie e dei miti del passato, a una visione feticistica dei simboli. Siamo alla necessità di scavare quella trincea, di ricostruire quelle parole forti, nitide, per mettere in campo quella prospettiva che fa essere la sinistra non una piccola avanguardia, non una nicchia di sapienti.
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