30 ago 2009

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Campania profondo nero

di Claudio Pappaianni (da l'Espresso del 27 agosto 2009)
Idrocarburi, metalli pesanti. Rifiuti tossici. Uno studio denuncia l'inquinamento record. Accanto ai campi di allenamento del Napoli

E' tornata la spiaggia, recita uno striscione sospeso tra due alberi nella pineta che si affaccia sull'arenile di Baia Domizia. È rimasto lì da quando, la scorsa settimana, la Regione Campania ha organizzato un 'Beach party' per salutare la pulizia di parte del litorale casertano. "Avvertivo il dovere di dare avvio a un percorso di recupero di un grande patrimonio", ha dichiarato soddisfatto l'assessore all'Ambiente Walter Ganapini, dopo l'happening di musica, balli, cabaret e giochi a premi. In realtà, c'era assai poco da festeggiare. La stagione balneare è stata nefasta, segnata da depuratori mal funzionanti e bloccati per giorni dalla protesta dei lavoratori, una crisi che di fatto ha colorato di marrone il mare e l'estate dei napoletani. Qualche volta le correnti hanno spinto i liquami fino a Capri e Ischia, dove ci si sono messi anche black-out elettrici a dare il colpo di grazia all'immagine turistica del Golfo. La notizia dello sversamento di acque nere nella Grotta azzurra, con la chiusura alle visite, è diventato uno scandalo rimbalzato sui giornali di mezzo mondo.

Il caso più inquietante, però, viene ancora oggi tenuto chiuso in un cassetto. Sono i risultati finali di un'indagine realizzata dal Commissariato di governo per le bonifiche su un vasto territorio di 22 chilometri quadrati, che rientra nel sito di interesse nazionale della costa flegrea e agro-aversana. Uno studio - che 'L'espresso' ha potuto visionare in esclusiva - inviato prima dell'inizio dell'estate dalla struttura guidata dal professor Massimo Menegozzo alla presidenza del Consiglio, al ministero dell'Ambiente, al governatore Bassolino, a prefetti, sindaci, assessori e ai responsabili delle Asl. Nelle pagine non si fanno giri di parole, e le frasi disegnano l'ennesimo scempio ambientale del territorio. "Va segnalato complessivamente un rilevante e diffuso inquinamento in tutte le matrici esaminate con alcuni 'hot spot' particolarmente preoccupanti per entità dei fenomeni". La situazione appare in tutta la sua drammaticità "sia per le aree agricole, che per quelle interrate e per la falda". E se l'acqua che esce dai rubinetti è buona, a meno che non ci si allacci ai pozzi abusivi, quella che disseta le bufale di decine di allevamenti e irriga i terreni coltivati a pomodori e ortaggi è pesantemente compromessa.


Per tutti i locali l'area interessata dal report è chiamata 'i laghetti di Castelvolturno'. Si tratta di una cinquantina di specchi d'acqua affiorati dentro alcune cave abusive aperte negli anni '70 e '80, quando nella zona si scavava per estrarre la sabbia usata per la cementificazione della costa che va dal Lago Patria fino a Mondragone. Un tratto che, in pratica, arriva dalla periferia nord di Napoli fino al confine laziale. Trattori e ruspe, di aziende spesso legate al clan dei Casalesi, si fermavano solo quando dai buchi affiorava l'acqua delle falde. A quel punto si spostavano di qualche metro e ricominciavano i lavori. Le cavità sono poi state usate come discariche di auto vecchie, copertoni, scarti di edilizia e rifiuti speciali nocivi.

"A settembre renderemo pubblici i dati sulla contaminazione dei corsi d'acqua interni all'area domizia", aveva detto Ganapini mentre infuriava la polemica sul mare inquinato della Campania. L'area esaminata, con circa 2000 prelievi tra campioni di acqua e terreno, dista in alcuni punti meno di 500 metri dal mare e, in molti casi, accanto a laghetti e campi agricoli contaminati, sorgono decine di abitazioni. Come a Cava Baiano, un laghetto non molto distante dall'Holiday Inn Resort, meta preferita dagli appassionati di golf e sede del ritiro del Napoli Calcio. Già: anche Lavezzi e compagni sgambettano ogni giorno a poca distanza da un lago dove sono stati riscontrati livelli di idrocarburi superiori anche 300 volte il limite consentito dalla legge. Il presidente Aurelio De Laurentiis si è innamorato di questa zona, tanto che un anno fa era stato dato per imminente il trasferimento della società azzurra, con la realizzazione di una cittadella nuova di zecca. Da costruire vicino i laghi inquinati e l'Hyppo Campos Resort, una struttura rinomata dove i soci si tengono in forma con footing e corse in mountan bike e i partecipanti del Water Raid Adventure si sfidano in gozzo a remi, a nuoto, al kayak, all'apnea, fino alla corsa sulla spiaggia al cadmio. L'idea, per ora rimasta sulla carta, era di creare qui una vera e propria Trigoria in salsa campana, sfruttando in parte le strutture già esistenti nel centro: campi di calcetto, basket, piscine. A completare il tutto due grandi specchi d'acqua attrezzati per lo sci nautico. Gli stessi per i quali le analisi hanno riscontrato livelli di idrocarburi, cromo e piombo rispettivamente 40, 13 e 45 volte superiori alla norma. L'allarme scatta a febbraio, quando i dati arrivano nelle mani di Menegozzo. L'esperto chiede una riunione ad hoc presso il ministero dell'Ambiente. Non c'è tempo da perdere. Peccato che prima dell'incontro ufficiale passino due mesi: la riunione si tiene il 29 aprile. Pochi giorni dopo, il direttore generale del Dipartimento 'Qualità della vita' del ministero, Marco Lupo, scrive alla procura di Santa Maria Capua Vetere: "Le risultanze delle complesse indagini hanno evidenziato la presenza, in concentrazioni elevate, di sostanze persistenti tossiche e cancerogene... È stato, inoltre, richiesto a tutti i sindaci, nonché agli enti di controllo locali, di adottare entro 10 giorni dalla data di ricevimento del verbale della riunione, tutte le misure ritenute necessarie per la salvaguardia della salute della popolazione". I valori in alcuni casi superano anche di migliaia di volte la soglia consentita, in alcune aree si concentrano sforamenti sia di idrocarburi sia di cromo. Dati agghiaccianti, come nel caso di una vasta area agricola a ottocento metri dal depuratore dei Regi Lagni: la presenza massiccia e diffusa di pesticidi ormai fuori legge da anni, come il Ddt, passa quasi in secondo ordine di fronte al cocktail micidiale di sostanze chimiche ritrovato in alcuni terreni coltivati. Da febbraio tutto è rimasto fermo, almeno nella sostanza. A inizio giugno dal Commissariato parte la relazione che scotta. Si muove solo la prefettura di Caserta, che organizza un incontro con gli uomini del Nucleo tutela ambiente dei Carabinieri di Caserta, della Guardia di Finanza e della Polizia, per un'illustrazione approfondita dello studio. Poi, il silenzio.

Chiamato a chiudere i conti con il passato, in venti mesi Massimo Menegozzo con la sua struttura ha razionalizzato le spese, ridotto di un terzo il personale, portato a termine numerosi studi che fotografano la drammaticità dell'inquinamento del suolo e delle acque in Campania. Eppure il suo incarico era quello di 'commissario liquidatore' e sarebbe dovuto terminare lo scorso 31 dicembre. Avrebbe dovuto trasferire i poteri a Regione e Comuni, ma sin dalla sua prima relazione al ministero ha denunciato le difficoltà di un passaggio di consegne. Una prima proroga di sei mesi è arrivata a Natale, la seconda a poche ore dalla scadenza il 30 giugno, quando tutta la struttura aveva pronti gli scatoloni per portar via i pochi effetti personali dalle scrivanie. Ora un gruppo di lavoro formerà funzionari e addetti per la sfida più complessa da affrontare in Campania dopo anni di emergenza rifiuti: la bonifica complessiva del territorio. Uno scandalo nello scandalo, a volte sottovalutato, che ha visto andare in fumo centinaia di milioni di euro. Come nel caso dell'emergenza rifiuti. Prima di passare le consegne, però, ci sarà da concludere il censimento dei rifiuti abbandonati per strada, che secondo prime stime sarebbe superiore al milione di tonnellate. Vale a dire, una volta e mezza la capienza della discarica di Chiaiano. E si attende un nuovo dossier che comprenderà analisi effettuate in tutta l'area del Giuglianese dove la camorra ha negli anni seppellito tonnellate di rifiuti tossici e sparso fanghi industriali nei terreni, poi stati destinati all'agricoltura.
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